Non è facile descrivere il sentimento che dominava nei cuori della gioventù querese nel primo dopoguerra. Una prima impressione la si ricava sicuramente dagli episodi presenti nei vari capitoli del racconto. Mi pare però sia importante rinnovare alcune riflessioni su tale determinante aspetto nei riguardi della ricerca di lavoro che rappresentava allora, come rappresenta anche oggi, un problema fondamentale per tutti ma soprattutto per la gioventù .
Noi giovani, reduci dal tremendo periodo della guerra, eravamo pervasi da una voglia di novità prepotentemente innescata dagli avvenimenti della liberazione, dall’arrivo degli americani, dal constatare le prime promettenti aperture in tutti i settori. In agricoltura facevono la loro comparsa i primi trattori, la stampa cominciava a diffondere libri e giornali, l’industria edilizia muoveva i primi passi, si intraprendeva la costruzione delle imponenti opere degli impianti idroelettrici, facevano la loro prima apparizione gli scooter e le automobili relativamente alla portata di tutti ecc. ecc.. Tutto questo aumentava a dismisura la nostra curiosità e sopratutto la voglia di partecipare a questa specie di festosa apertura verso il progresso che sentivamo incombente. Devo però dire che, almeno per quanto riguarda la mia persona, mai sono stato attratto dall’aspetto meramente economico quanto piuttosto dalla possibilità, finalmente a portata di tutti noi, di conoscere nuove tecniche e di poter contribuire a migliorarle con il proprio fattivo contributo. Se non fosse stato così nel 1960 non mi sarei licenziato da una importante Soc. Elettrica ( la SELT VALDARNO di Firenze) evitando di finire con l’Enel che allora stava nascendo e dove, a mio avviso, sarei diventato una piccola pedina di un grande organismo che non mi avrebbe più consentito di esercitare un’attività a mè congeniale, né mi sarei rifiutato, per lo stesso motivo, di passare al comune di Venezia nel 1973, quando detto Ente municipalizzò il servizio di gestione dell’Acquedotto civico di venezia di cui ero dipendente. Sono state tutte decisioni importanti, spesso criticate da miei amici e parenti ma prese con serenità perché sicuramente portatrici di muove esperienze, come in effetti è successivamente accaduto. Si capisce come io, sulla scorta dell’esperienze fatte, non possa condividere quella specie di ossessione, di mania di ricerca del posto fisso, che pervade alcuni giovani d’oggi. Preferirei fosse rimpianta la mancanza di lavoro interessante, di attività che accrescano l’individuo. Sono convinto che un giovane che abbia fatto con passione un periodo di lavoro sia pur temporaneo ma interessante e durante il quale si sia impegnato ad imparare e a conoscere a fondo l’attività svolta tentando magari di apportare dei contributi personali per migliorarla, non possa restare senza lavoro ma siano le aziende a ricercarlo.
C’è un’altro aspetto che nasce dal raffronto delle possibilità di lavoro dei tempi andati con quelle moderne e che rappresenra un motivo di preoccupazione molto diffuso. Molte persone, sopratutto se appartenenti alla mia generazione, temono che l’avvento della nuova tecnologia che si sostituisce in molti campi al lavoro dell’essere umano, come ad esempio i robot nel campo operaio ed i computer in quello impiegatizio, finiscano per togliere alla società molte possibilità di lavoro. Non è sicuramente così, anzi ci sono fior di studi che hanno accertato il contrario. Il progresso tecnologico e le maggiori disponibilità economiche che ne sono il frutto aprono infatti nuovi orizzonti aumentando notevolmente i settori di lavoro con un ulteriore beneficio: quello di elevare la qualità dello stesso. Questo però presuppone la disponibilità di personale altamente specializzato in sostituzione di quello del tempo passato cui si chiedeva soltanto tanta voglia di lavorare. Ne deriva la necessità fondamentale di creare giovani preparati con scuole di prim’ordine ed instillando loro la passione per la conoscenza in genere e l’impegno a rivolgere il lavoro, il divertimento, lo sport, lo studio in altri termini tutte le proprie facoltà verso settori interessanti evitando di mettere in primo piano, come spiegavo prima, l’aspetto meramente economico del proprio lavoro ma considerando quest’ultimo soltanto un elemento secondario che, se vengono rispettati questi principi fondamentali, non manca sicuramente di emergere senza bisogno di alcuna sollecitazione diretta
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