Alle ore 22 del 30 agosto 1964 in una torrida notte tutto il paese venne svegliato da una notizia tremenda: l’ex cinema Prealpi era in preda alle fiamme.
Accorsa sul posto la popolazione vide del fuoco uscire prepotentemente dalle porte di sicurezza dell’ex sala. Dopo una decina di minuti ebbe luogo il crollo della galleria interna e, subito dopo, di tutto il tetto. Le fiamme, prive di impedimento alcuno, si levarono allora altissime verso il cielo stellato. E’ evidente quanto stava accadendo: tutte le parti lignee del piano rialzato, della galleria, della soffitta e del tetto fornivano esca e materia prima per alimentare fiamme spaventose nella loro intensità ed altezza in questo favorite da un deposito di manifesti del cinema, di spezzoni di pellicola e di quanto altro di altamente infiammabile si possa immaginare, incautamente accumulato nel sottotetto attraverso gli anni e favorito anche dalle essenze lignee che costituivano i solai, tutti in duro larice nostrano ben stagionato che aveva saputo prima sopportare l’enorme carico che vi incombeva ma che poi alimentò le fiamme con un’emissione di calore incredibile.
Sulle cause che hanno provocato l’incendio del locale, totalmente in disuso ed abbandonato a se stesso, non si poté mai sapere nulla né mai lo si saprà. Molte le ipotesi: un corto circuito provocato dal vecchio impianto elettrico? qualcuno che inavvertitamente abbia buttato una sigaretta accesa? Le condizioni perché ciò avesse luogo a suo tempo quando il cinema era in normale esercizio c’erano, come ampiamente indicato, tutte.
L’incendio si verificò solo più tardi a locale chiuso: mistero!
Le numerose squadre di vigili del fuoco, prontamente occorse, non poterono far altro che, con i getti d’acqua delle loro lance, salvaguardare gli edifici circostanti dal pericolo di propagazione dell’incendio, nel mentre nulla poterono contro la furia delle fiamme all’interno del Prealpi. Per una vera fortuna il paese, normalmente percorso da rapide folate di vento, quella notte presentava una calma assoluta d’aria il che se da un lato rese, nella sua tragicità, spettacolare la visione nel buio delle alte fiamme, dall’altro scongiurò il pericolo che esse si estendesse anche alle case vicine.
Quando le fiamme ebbero divorato tutto quello che c’era, l’incendio si calmò: del locale ex cinema non erano rimasti che i muri perimetrali, quelli che costituivano l’unica reminiscenza dell’edificio originario anteguerra. Tutto il resto era distrutto.
A questo punto innumerevoli sono le considerazioni.
Il pensiero allora ricorrente non poteva essere che questo: se l’incendio fosse scoppiato quando la sala era gremita di spettatori e quando, come tutti sapevano, non sussisteva alcuna delle attrezzatura atte a scongiurarlo, né erano rispettate le più elementari norme di sicurezza?. L’intensità delle fiamme dava un’immagine precisa della tragedia che vi si sarebbe consumata.
Nella realtà non si ebbe nessun danno alle persone e la ragione va ricercata da un lato nella fortuna che, molto spesso, premia coloro che hanno l’ardire di osare molto ma dall’altro nella prontezza di riflessi di personaggi svegli che hanno saputo, alle varie occasioni che, durante gli anni di funzionamento del cinema si erano ripetutamente presentate come ad esempio intervenire di persona con un’accurata revisione preventiva della pellicola atta a scongiurarne la rottura durante lo spettacolo e l’incendio che inevitabilmente ne sarebbe seguito, e, in caso di principio di incendio, spegnendo prontamente con le mani la pellicola e regolando sempre e ordinatamente il flusso dei molti spettatori; in altre parole supplendo con pronte iniziative personali alle gravi carenza obbiettive delle strutture che avevano a disposizione. D’altro canto se a Quero si fosse dovuto aspettare di avere una sala cinema ed una fabbrica aventi tutte le caratteristiche che la legge imponeva il cinema prima e la fabbrica di lampadari poi, a Quero non ci sarebbero mai stati.
Eppure la situazione era in quei tempo talmente esplosiva che un incendio doveva per forza verificarsi, era inevitabile. Destino o Provvidenza volle che si verificasse quando il locale era assolutamente vuoto ed in una notte priva di vento. In conclusione senza che nessuno di quei danni e di quelle responsabilità in ogni caso gravanti su privati imprenditori, addetti ai controlli e pubbliche autorità locali, e delle quali sarebbero stati tenuti a rispondere personalmente.
Ma la considerazione che se ne può trarre è un’altra a più ampio raggio.
Le vicende del cinema Prealpi descritte sono il ritratto in piccolo di quel miracolo che ha interessato il veneto negli anni del boom economico del dopoguerra. Attività del genere più vario sono sorte ovunque. Poche o probabilmente nessuna di esse era, ai primi tempi, in regola con le disposizioni di legge in fatto di sicurezza, così come non lo erano nè il cinema Prealpi nè la prima fabbrica Moschin di lampadari. Se tutte, proprio tutte, avessero dovuto rispettare fin dall’inizio attività le numerose norme di legge esistenti, probabilmente il Veneto sarebbe rimasto quel territorio bellissimo ma assolutamente privo di ogni risorsa economica che era a fine guerra.
Una buona dose di coraggio e temerarietà ma molta buona volontà mista con una grande dote di arguta intelligenza hanno, al contrario, avviato attività di tutti i tipi, diventate via via più fiorenti fino a far divenire il Veneto un modello che altre nazioni tentano invano di copiare. Ciò significa che quando l’occasione si presenta bisogna coglierla, costi quel che costi, magari rischiando grosso ma sempre pronti, come si diceva, a trovare di volta in volta rimedio alle disavventure che non mancano mai di arrivare. Occorre aggiungere che, se non si coglie l’occasione, è inutile provvedervi fuori tempo. Essa va colta al volo, lasciarla passare inutilizzata, significa perdere tutto. Prova ne sia il nuovo cinema Prealpi perfetto nella sua consistenza e nell’uso che se ne potrebbe fare, ma che, essendo sorto fuori tempo, sta oggi come oggi marcendo inutilizzato. Il paragone con il vecchio Prealpi balza prepotentemente agli occhi e fa ricordare tutte le emozioni che, nonostante tutti i suoi gravi difetti, quest’ultimo ha saputo invece dare alla popolazione di tutta la zona.
Un ulteriore monito deriva dal Cinema Prealpi e sopratttutto dall’incendio che ne costituisce l’epilogo. Va bene rischiare, va bene sopperire con iniziative personali alle deficienze di vario tipo, ma attenzione perché “l’incendio”, termine con cui deve intendersi genericamente una qualsiasi disavventura, forse inspiegabile nelle motivazioni ma, bisogna dirlo, pienamente prevedibile, prima o poi arriva e non sempre in una notte priva di vento. Il monito è chiaro: ora che i veneti sono diventati grandi occorre dimenticare l’improvvisazione, l’insicurezza e dar luogo ad attività serie e rispettose di tutte le norme di legge e delle buone regole che possano tutelare da rischi di ogni genere, primo fra tutti facendo in modo che sia salvaguardata l’incolumità della gente.
Un’ultima mia considerazione sull’attuale pericolo che stanno correndo le attività imprenditoriali italiane analoghe a quelle di Quero a seguito della spietata concorrenza fatta dai paesi dell’est e dalla Cina in particolare che minacciano di metterle in ginocchio con una produzione che non rispetta alcuna regola e che può usufruire di mano d’opera a costi molto bassi. Io credo che grazie alla flessibilità che ha sempre consentito agli industriali Bellunesi di adattarsi, attraverso gli anni, alla cangiante realtà e grazie alla loro viva intelligenza ed arguzia, sapranno trovare la soluzione che consenta loro di superare vittoriosamente anche questo brutto momento al limite compiendo una rivoluzione altrettanto grande e imprevedibile quanto quella che, a suo tempo, ha potuto trasformare una popolazione contadina in industriale di qualità. Questa volta i bellunesi potranno contare su due elementi in più rispetto a ciò di cui potevano disporre in passato per l’inizio della loro avventura industriale: una buona disponibilità economica che, intelligentemente usata, potrà dare importanti frutti, e soprattutto una preparazione tecnica di prim’ordine assunta da figli e collaboratori in genere, molti dei quali sono oggi laureati e che costituisce il supporto di base indispensabile per un’operazione del genere.
Nel caso della ex sala cinema tutto è andato per il meglio. Nessun danno a persone, nessuna responsabilità è ricaduta su chicchessia. La società assicuratrice ha provveduto ad indennizzare almeno una piccola parte dei danni ed è stato possibile quindi ricostruire il tetto ed i solai intermedi dell’edificio facendolo tornare nella identica situazione in cui si trovava prima che arrivasse in paese la medaglia d’oro al valor partigiano, Livio, e pensasse di ricavarvi la prima sala cinema di Quero. Il ciclo si chiudeva su se stesso senza vinti né vincitori. Era come se, nei trent’anni descritti, nulla fosse accaduto. In effetti dal cinema Prealpi erano derivati periodi di grande e sano divertimento, dimentichi, come tutti eravamo, dei pericoli che ogni spettatore che entrava in sala stava correndo ma pronti, all’occorrenza, a porvi rimedio con l’ingegno e la buona volontà.
Attualmente l’edificio, completato da anni nelle finiture, è tornato alla sua originaria destinazione cioè ad essere una normale casa di abitazione con annesso cortile ed orto. In esso ha passato i suoi ultimi anni mio padre vedendo così coronato da successo uno dei suoi vecchi sogni: fissare la propria residenza nel vecchio edificio di Via Garibaldi.
L’arena all’aperto, tornata definitivamente al proprietario, è oggi il cortile della locale caserma dei carabinieri dove stazionano ben allineate, non le sedie impagliate per gli spettatori del cinema ma le camionette e motociclette dell’arma sempre pronta ad intervenire a garanzia dell’ordine pubblico di tutta la zona.
A chi scrive queste note è rimasto un unico cimelio del vecchio cinema Prealpi salvatosi dall’incendio in quanto si trovava, casualmente, in altro luogo ben avvolto in una lunga asta circolare di legno: il telone dello schermo per le proiezioni all’aperto. Ora lo ho trasportato in una casetta al mare dove passo le mie ferie estive. Mi serve a riparare l’automobile dai raggi del sole. Strano destino di una tela per lenzuola: non la penombra o il buio delle camere da letto ma fasci di luce intensa che la colpiscono provenendo prima dalla macchina da proiezione del cinema Prealpi, poi dal sole cocente di Caorle. L’asta di legno, tagliata in diversi spezzoni e convenientemente levigata e verniciata, costituisce il corrimano della scaletta di accesso al primo piano. Ogni volta che ne percorro i gradini non manco di accarezzarla e ciò mi fa tornare spesso alla mente tutte le vicende che ho voluto qui, con la poca dimestichezza che ho con lo scrivere, raccontare.
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