Tra i molti passatempi dei giovani di Quero non posso dimenticarne uno a quei tempi molto in voga: i botti fatti col carburo di calcio. Era quest’ultimo un materiale allora reperibile in tutti i negozi perché comunemente usato per l’illuminazione delle abitazioni ancora prive di energia elettrica. Ebbene, qualcuno aveva scoperto le proprietà esplosive possedute dal gas puzzolente che tale sostanza emetteva quando veniva a contatto con l’acqua. Messo a terra un barattolo di latta capovolto in modo da coprire il carburo e tenuto per qualche minuto ben chiuso con un dito il piccolo foro che avevamo in precedenza ricavato sul fondo in modo da garantire che il barattolo si riempisse del gas prodotto dal carburo abbondantemente asperso di saliva, bastava avvicinare al forellino un fiammifero acceso, perché avesse luogo lo scoppio ed il barattolo fosse proiettato con violenza verso l’alto. Ovviamente lo scopo da raggiungere consisteva nel provocare un fragore ed un balzo del barattolo il più elevati possibile. Anche questa operazione non andò sempre a buon fine e Berto, un personaggio di cui parlerò diffusamente nel prosieguo della storia, porta ancora oggi una cicatrice sul naso colpito violentemente dal barattolo.
Nella nostra epoca, assediati come siamo da una miriade di contenitori vuoti di tutti i tipi e di materiali i più impensati che costituiscono ogni giorno un volume di parecchie tonnellate di rifiuti solidi urbani, si fa fatica a credere che al tempo della nostra storia tali rifiuti non esistessero per niente e che l’unico contenitore scartato dagli operatori commerciali ma ambito da tutti per i mille usi secondari che se ne potevano ritrarre, fosse il vaso metallico della conserva di pomodoro! Anche i giovani per i loro giochi utilizzavano i barattoli nelle varie dimensioni che erano reperibili.-
IL GIOCO DEL CARBURO Racconto di Carmine Deluca