Lo sbarramento di foce
1. PREMESSA
Sono ben note le difficoltà in fatto di approvvigionamento idrico dovute alla inevitabile e continua diminuzione di portata delle fonti tradizionali a fronte di fabbisogni idrici che aumentano di anno in anno.
Oltre al rifornimento idropotabile, la crisi investirà particolarmente l’agricoltura che abbisogna di quantitativi molto ingenti del prezioso elemento anche a seguito del progressivo aumento delle aree da assoggettare ad irrigazione.
Per farvi fronte si pensa di utilizzare tutti i mezzi possibili come ad esempio i laghi artificiali da costruire mediante dighe di ritenuta ed atti ad immagazzinare l’acqua dei periodi piovosi per utilizzarla nelle altre stagioni, la metodologia Asr (Acquifer storage and recharge) che prevede, allo stesso scopo, di accumulare forzatamente nel sottosuolo ingenti quantitativi d’acqua durante le stagioni piovose, il riutilizzo delle acque reflue ed infine l’ampliamento e la razionalizzazione degli impianti di captazione delle fonti tradizionali come sono, per l’acqua potabile, quelle di falda e di sorgente e di acqua superficiale potabilizzata, per quella irrigua le prese di acqua superficiali dai fiumi per lo più distribuita grezza.
A giudizio di chi scrive tali mezzi, per le obbiettive difficoltà di esercizio ed per i danni ambientali che ne impediranno in molti casi la realizzazione, non saranno comunque sufficienti per coprire gli aumentati fabbisogni. Uno dei modi per avere a disposizione ingenti quantitativi del prezioso elemento è, a giudizio di chi scrive, quello di utilizzare in maniera diversa da come fatto finora, l’acqua fluente dei grandi fiumi Italiani.
Nella presente nota si analizzano sommariamente le modalità proposte a tale scopo e con il solo intento di sottoporle a discussioni e verifiche di fattibilità per il loro rilevante impegno economico, impatto ambientale ed infine per i rischi di vario genere che, a fronte di indubbi vantaggi, sono però insiti nella loro complessa attuazione. D’altro canto, se mai non si tentassero vie nuove, i vari problemi non sarebbero mai risolti.
2. CARATTERISTICHE DELL’ACQUA FLUENTE NEI FIUMI
I fiumi sono i naturali ricsbarramento di foceettori di tutte le acque che scorrono in superficie e nei primi strati di terreno per tutta la superficie del bacino imbrifero che ognuno di essi sottende.
Vi si raccolgono tre tipi principali di acque:
– quelle naturali che provengono dalle sorgenti, dagli affluenti, dai vari compluvi di tutto il bacino imbrifero e che vi si raccolgono durante i periodi piovosi, quelle che provengono dai primi strati del sottosuolo permeabile cioè dalle acque di percolazione derivate da atmosfera o da corsi d’acqua che costituiscono la falda freatica ed infine quelle dovute allo scioglimento dei ghiacciai montani. In alcuni casi sussiste uno scambio alternato da stagione a stagione tra falda freatica e fiume e da fiume a falda;
– le acque degli scarichi reflui dei centri abitati e delle aree industriali situati all’interno del bacino imbrifero che vengono tutte scaricate nel fiume o nei suoi affluenti dopo aver subito tutte od in parte il trattamento di depurazione. Fanno eccezione i centri posti in prossimità del mare che scaricano direttamente in quest’ultimo;
– le acque di risulta dell’irrigazione delle campagne che finiscono nel fiume di solito cariche di materie inquinanti.
Per l’efficacia delle opere che qui vengono proposte è richiesta obbligatoriamente la depurazione preventiva delle acque di scarico degli impianti fognari di tutti gli abitati e delle zone industriali mentre per quelle dell’irrigazione agricola deve essere evitato ogni tipo di inquinamento delle falde o degli emissari.
In altri termini la condizione di base, in ogni caso necessaria per la salvaguardia ambientale e comunque imposta dalla norme di legge, è quella che vede già completata la realizzazione di tutti gli impianti di depurazione in modo da avere i fiumi percorsi da acque che abbiano riacquistato la purezza che avevano in origine e nelle quali vivano, come un tempo, i pesci. Se tali condizioni non fossero in futuro raggiunte ed i fiumi fossero invece costretti a ricevere grandi quantitativi di sostanze inquinanti, come accade ai nostri giorni, sorgerebbero problemi così gravi per l’ambiente che quello della scarsità d’acqua e del rimedio che qui viene proposto passerebbero in secondo ordine.
I fiumi che qui si considerano sono, in definitiva, esclusivamente quelli percorsi, nella parte finale del loro alveo che è quella che maggiormente interessa il presente lavoro, da grandi portate d’acqua dolce, priva di ogni tipo di materiale inquinante ed in quantitativi molto variabili nel tempo in funzione dell’andamento meteorologico del bacino tributario. Si possono distinguere tre regimi principali:
– regime di portata media e di morbida. E’ questa la situazione normale che non presenta problemi particolari;
– regime di magra durante il quale, a causa della siccità, la portata diminuisce in maniera sensibile fino a provocare, in alcuni casi, disagi nell’alimentazione dei vari servizi . Al verificarsi di siccità eccezionali il livello dell’acqua alla foce del fiume ed anche nella parte terminale del suo alveo, assume livelli inferiori di quelli della marea il chè provoca la risalita del cuneo salino lungo l’asta del fiume con tutti i maggiori problemi che ciò comporta nei riguardi degli utilizzatori.
– regime di piena conseguente a piogge particolarmente intense e prolungate che richiedono eccezionali misure per il convogliamento e lo scarico a mare di ingenti portate. In questo caso non è raro che l’acqua sia torbida per la presenza in sospensione di sabbie finissime o limi raccolti dalle copiose acque lungo il loro tragitto.
3. LO SBARRAMENTO MOBILE DI FOCE
L’opera che viene qui descritta è lo sbarramento di foce, finora realizzato solo in fiumi di secondaria importanza e, a quanto risulta allo scrivente, con il solo scopo di evitare la risalita del cuneo salino lungo l’asta nel mentre, con differenti modalità costruttive e di utilizzazione e previa esecuzione di lavori di sistemazione delle arginature, si ritiene possa svolgere funzioni ben più importanti.
E’ noto come i maggiori fiumi italiani siano muniti nella loro parte terminale di alte arginature costruite allo scopo di contenere le portate di piena. Spesso le arginature comprendono non solo l’alveo vero e proprio ma anche ampie aree golenali che normalmente sono asciutte ma che vengono utilizzate per aumentare notevolmente la portata che essi possono addurre e scaricare in mare e così far fronte anche alle piene eccezionali.
La costruzione dello sbarramento mobile di foce, che viene qui proposto, consiste nella realizzazione, in prossimità dello sbocco a mare, di una traversa di intercettazione di tutta la sezione del fiume con possibilità della sua apertura totale o parziale al fine di consentire lo scarico di portate regolabili in funzione delle disparate necessità che il sistema presenta. Lo sbarramento deve essere in primo luogo in grado, mediante opportuna manovra degli organi mobili, di scaricare a mare in caso di piena, tutta l’acqua in arrivo da monte ed in secondo luogo di trattenere, regolando la portata di transito, i volumi in eccesso rispetto a quelli da scaricare in ogni caso a mare, costituendo un invaso che, oltre all’alveo vero e proprio, comprenda anche i volumi delle golene fino alla sommità arginale e per uno sviluppo verso monte il più esteso possibile. Allo scopo gli argini, come accennato, devono essere sistemati ed adeguati alle nuove funzioni che sono chiamati a svolgere ovviando, in particolare, alla diminuzione di portata che la barriera mobile provoca inevitabilmente nella adduzione e nello scarico a mare ed assicurando il contenimento del massimo volume di invaso possibile.
In pratica la parte terminale dei fiumi, con le opere che qui si propongono, sarebbe trasformata in un lungo lago caratterizzato da ingenti portate sia in ingresso che in uscita e dal quale, grazie anche al grande volume di invaso che ne consente la compensazione, sarebbe possibile prelevare durante tutto il corso dell’anno e quindi anche nei periodi di magra del fiume, notevoli portate da utilizzare ai diversi fini.
Un secondo scopo, determinante ai fini dell’utilizzazione delle acque fluenti, è quello inerente la risalita del cuneo salino durante i periodi di grande siccità, che risulta impedita nella maniera più assoluta dalla presenza della barriera e da un livello di invaso notevolmente più elevato rispetto a quello di marea.
Infine l’entrata dell’acqua fluente nel lungo bacino di accumulo nel quale la velocità si riduce praticamente a zero, garantisce la decantazione di tutto il materiale in sospensione rendendo più facile il trattamento di potabilizzazione necessario per gli usi idropotabile e consentendo, per gli usi irrigui, industriali e vari, di distribuirla nello stato in cui si trova cioè senza alcun trattamento. Soltanto in caso di piene eccezionali del fiume può verificarsi il caso in cui l’acqua del bacini sia resa torbida dalla presenza di sabbie fini e limi in sospensione. Gli impianti di potabilizzazione e quelli di produzione di acqua per le industrie dovranno, allo scopo di farvi fronte, essere dotati di decantazione propria da mettere in servizio in tali casi, nel mentre nessun problema dovrebbe sussistere per i rifornimenti di acqua irrigua, che quantitativamente sono i più rilevanti, in quanto durante i periodi particolarmente piovosi come sono quelli in argomento, sono, generalmente, sospesi.
Si deve anche rilevare come l’utilizzazione dell’acqua fluente secondo le modalità che qui vengono propugnate, realizza indirettamente, ed in modo totalmente razionale, una delle condizioni che saranno in futuro essenziali per poter disporre dei quantitativi necessari ai diversi usi della popolazione, delle industrie e dell’agricoltura e cioè il riutilizzo delle acque reflue opportunamente trattate che tutte le attuali disposizioni di legge e le necessità obbiettive, richiedono.
In pratica l’intero ciclo delle acque subisce, con le opere in argomento, una profonda trasformazione con grande semplificazione delle procedure. Le città poste all’interno del bacino imbrifero sotteso potranno immettere direttamente nel fiume le loro acque reflue di fognatura limitandosi a sottoporle soltanto al processo depurativo necessario per farle rientrare entro i imiti di accettazione allo scarico. La loro riutilizzazione, atta a realizzare il prescritto ciclo ripetitivo in base al quale nessun tipo di acqua proveniente dai vari acquedotti potrà essere scaricata a mare ma dovrà invece essere più e più volte utilizzata per soddisfare compiutamente i vari fabbisogni, avrà luogo, in maniera razionale, alla foce dove esse alla fine sono destinate a pervenire per essere riprese e riutilizzate. Nella figura è riportato lo schema di un territorio organizzato per il completo riciclo delle acque ottenuto tramite barriera di foce . Sono indicati diversificati centri urbani dotati di fognatura, segnata in colore rosso, che scarica la acque reflue nel fiume nel mentre i vari acquedotti (segnati con colore nero) sono alimentati dall’impianto di potabilizzazione del invaso di foce . Solo le città alimentate d’acqua potabile proveniente dagli impianti di foce in oggetto ma ubicate al di fuori del bacino imbrifero da essi sotteso dovranno prevedere la potabilizzazione delle loro acque reflue in quanto, solo in tale caso, detto ciclo ripetitivo sarebbe interrotto.
Da notare come vengano anche ad essere eliminati tutti gli inconvenienti dati dalla diversificata localizzazione degli eventi piovosi all’interno del bacino tributario poichè tutte le acque di pioggia, comunque dislocate, finiscono per arrivare al lago di foce. Al riguardo se si analizza la relazione esistente fra qualità delle acque in arrivo al bacino e la loro provenienza si può affermare che quelle di pioggia derivano per la maggior parte dalle zone montagnose che statisticamente hanno un indice di piovosità più elevato e quindi forniscono un importante contributo idrico anche durante i periodi estivi mentre quelle di depurazione delle acque reflue provengono per la gran parte dalle zone di pianura dove sono ubicati i maggiori centri urbani ed industriali rendendo possibile l’utilizzazione delle ingenti portate di fognatura, soprattutto estive, che li caratterizzano. Viene vieppiù confermata la validità delle opere proposte in quanto atte all’utilizzo di acque le cui diversificate qualità, provenienza e distribuzione temporale durante l’annata si integrano a vicenda. Non ultimo, tra tutti, il contributo acqueo offerto dallo scarico degli impianti di produzione idroelettrica situati nelle zone montane poste all’interno del bacino imbrifero, di solito muniti di laghi con invasi assai capaci, anch’esso destinato a pervenire a fiume.
E’ necessario, come già ripetuto, che tutte le acque scaricate, di qualunque provenienza esse siano, presentino caratteristiche chimico-fisiche e batteriologiche, rientranti entro i limiti di accettazione fissati dalla legge per lo scarico nel fiume, pena la necessità di complesse e inattuabili operazioni di depurazione finale. Si pensi ai diversi processi industriali che inquinerebbero in vario mondo il flusso d’acqua rendendone praticamente impossibile l’utilizzazione. E’ invece necessario che ogni industria provveda, prima dello scarico in fiume, alla depurazione fino a far rientrare le acque scaricate entro determinati limiti di accettabilità allo scarico.
La realizzazione della barriera mobile di foce comporta anche degli inconvenienti di più ordini.
Innanzitutto essa provoca una profonda trasformazione delle caratteristiche ambientali data dalla innovativa presenza di un lago in sostituzione di una parte del corso d’acqua. Ci si augura però che esso non costituisca un elemento negativo visto e considerato che per la sua costruzione si prevede di occupare aree per lo più abbandonate e di poco pregio come sono quelle dell’alveo del fiume quando è in magra o di aree agricole precarie come sono quelle golenali e, visto e considerato che la presenza del lago può essere positiva nei riguardi del turismo, della fauna ittica e di quella acquatica in genere. Sarà quindi necessario uno studio ed una progettazione accurata delle opere in modo da diminuirne l’impatto ambientale ottenendone, alla fine, risultati nettamente positivi.
In secondo luogo la presenza delle paratoie di regolazione ed in genere della barriera attraversante l’asta del fiume provoca delle perdite di carico concentrate con inevitabile aumento nel livello di monte assolutamente intollerabile durante le piene eccezionali del corso d’acqua. Diventa quindi della massima importanza il corretto dimensionamento degli organi mobili ed un rialzo degli argini atto a ripristinarne la piena funzionalità. Questi ultimi, la cui funzione era un tempo limitata allo scorrimento delle acque di piena nel loro moto continuo verso valle, cambiano destinazione e devono invece contenere acque aventi una velocità praticamente nulla per tutta l’estesa dell’invaso. Si rende quindi necessaria una loro revisione con adattamento della quota di sommità al nuovo regime cercando di dare al bacino di accumulo quella maggior lunghezza verso monte che le condizioni locali consentono.
Per mantenere la continuità idrica tra bacino e mare aperto, utile anche per l’interscambio della fauna ittica da mare a fiume e viceversa, lo scarico finale non dovrà aver luogo tramite lame d’acqua sfioranti superiormente alla barriera che, di fatto provocherebbero una interruzione, bensì tramite scarico sotto battente e quindi direttamente nel fondo dell’invaso mediante movimento verso l’alto di ogni paratoia con apertura della luce di scarico nella parte inferiore a contatto con la platea di base e con altezze libere che variano da zero alla quota di massimo invaso del bacino in funzione delle portate che vi debbono transitare. Ciò, oltre al citato transito dei pesci, agevolerà lo scarico a mare di eventuali materiali solidi depositati in bacino e di quelli in sospensione nell’acqua che, per il maggior peso specifico, tenderanno a portarsi alle massime profondità.
Onde evitare l’interramento del bacino dovuto al deposito di sabbie fini e limi che, in occasione delle piene, si accumulano soprattutto nella parte di monte dell’invaso ed inoltre per non privare la costa del mare dei continui apporti di sabbie che normalmente le arrivano da monte, si dovrà prevedere la svuotatura dell’invaso con manovre atte ad assicurare, ad intervalli regolari e senza provocare conseguenze negative nei prelievi, lo scarico a mare di tutti i materiali di depositati in bacino.
I filtri di presa delle acque dovranno essere ubicati il più a valle possibile e posti, essendo montati su zattere flottanti, a qualche metro al di sotto del pelo libero in modo da garantire che la captazione abbia luogo anche nelle condizioni di livello minimo garantendo al tempo stesso le migliori caratteristiche fisiche ed organolettiche essendo le eventuali materie estranee in sospensione nell’acqua normalmente situate nella parte più profonda.
Un ulteriore inconveniente derivante dalla presenza dello sbarramento è quello inerente la navigazione da diporto, pesca o di altro genere. Per ovviarvi dovranno essere prese importanti cautele e, in certi casi, realizzate imponenti opere. Se alla foce del fiume esistono porti o canali per la navigazione, l’attracco o la sosta di imbarcazioni per turismo, pesca od altro, sarà sufficiente spostare lo sbarramento più a monte in modo da non interferire con l’attività nautica. Quando invece è tutta l’asta del fiume ad essere navigabile ed accessibile da mezzi natanti provenienti o diretti al mare aperto, sarà necessario affiancare allo sbarramento una conca di navigazione di adatte dimensioni. La conca, durante i periodi di piena eccezionale, potrà contribuire efficacemente allo scarico a mare delle portate del fiume.
4. L’UTILIZZAZIONE DEL LA BARRIERA PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA
Quando la barriera viene inserita in fiumi importanti caratterizzati da rilevanti portate continue da scaricare in mare, può rivelarsi interessante la produzione di energia elettrica. In questo caso il carico idraulico esistente in corrispondenza della barriera e dato dal dislivello sempre presente tra massimo invaso e marea, anzicchè essere dissipato dalle paratoie durante lo scarico finale in mare delle acque residue, può essere sfruttato inserendo direttamente nella barriera oppure su apposito condotto di derivazione di grande sezione, delle turbine funzionanti a bassa prevalenza ma con grandi portate come sono quelle in gioco. Si tratta di ricavare dalle opere che vengono qui proposte un ulteriore vantaggio da prendere in seria considerazione in questi tempi caratterizzati da una grande carestia di energia elettrica. Esiste una ulteriore possibilità, per la cui utilità occorrono però analisi molto approfondite, ed è quella di prevedere l’installazione di macchine reversibili cioè di turbine che possono essere usate come pompe e di alternatori che, all’occorrenza, diventano motori elettrici. Si tratta di una modalità spesso attuata in negli impianti idroelettrici cosiddetti di accumulo nei quali si recupera durante la notte l’energia elettrica in esubero. Tali impianti in altri termini di giorno utilizzano nelle ore diurne il salto idrico per produrre energia, la notte consumano energia elettrica di basso costo per sollevare l’acqua nel bacino superiore. Nel nostro caso la presenza di macchine reversibili cioè atte a funzionare anche come pompe di sollevamento, potrebbe contribuire durante le piene eccezionali, ad aumentare la portata finale scaricabile a mare dalle opere di sbarramento. La cosa presenta una certa incertezza data dal fatto che le portate in gioco, in caso di piena eccezionale del fiume, assumono valori così elevati che l’apporto dato dalle pompe potrebbe diventare irrisorio. Altri interrogativi sono posti dalla velocità di rotazione che deve assumere la pompa per riuscire ad aumentare la portata, di per sé già molto rilevante, che attraversa il canale di derivazione durante le piene. Si tratta comunque di una possibilità che in sede di progettazione delle opere dovrebbe essere comunque verificata sulla base dei dati reali di funzionamento.
5. L’ESERCIZIO DELLA BARRIERA MOBILE
Gli scopi da raggiungere con una corretta gestione delle opere qui descritte ed in particolare con la regolazione delle paratoie di scarico finale sono i seguenti:
1) mantenere l’invaso ad una quota il più elevata possibile onde consentire il prelievo di tutte le portate che necessitano per il soddisfacimento dei fabbisogni idropotabili, irrigui ed industriali dell’utenza, senza provocare danni all’ambiente e quindi mantenendo, grazie alla ottima compensazione possibile, le portate scaricate a mare entro il limite minimo necessario per l’ambiente. Lo svaso parziale o totale del bacino avrà luogo soltanto al verificarsi di siccità eccezionali. Sarà in tali occasioni che il sistema darà i frutti migliori rendendo possibili cospicui prelievi utili soprattutto per l’irrigazione agricola che è quella che necessita, in tali periodi, dei maggiori quantitativi del prezioso elemento liquido. Per il successivo ripristino dei livelli di invaso, il bacino potrà usufruire di tutti gli eventi piovosi comunque ubicati all’interno dell’ampio bacino imbrifero sotteso ed inoltre di tutti i volumi scaricati dagli impianti fognari dell’intero bacino.
2) assicurare lo scarico delle portate di piena senza danni. Lo scopo sarà raggiunto con un accurato dimensionamento degli organi mobili e con adeguato rialzo degli argini. Lungo tutta l’asta del fiume ed anche in quella degli affluenti principali, e quindi anche a notevole distanza dalla foce, saranno installate le apparecchiature di rilievo e trasmissione automatica ed in tempo reale dei livelli in modo da poter programmare, in anticipo rispetto alle portate realmente in arrivo al bacino, la regolazione delle paratoie di foce in funzione anche delle previsioni meteorologiche e di quelle di richiesta idrica dell’utenza. Dovranno essere in particolare previste in anticipo le ondate di piena e predisposta la svuotatura parziale o totale del bacino in modo da poterle accogliere e smaltire senza danni di sorta. In regime di piena eccezionale e quindi con paratoie totalmente aperte il fiume dovrà possedere una capacità di trasporto e scarico non inferiore a quella che aveva prima della costruzione dello sbarramento di foce. Ancora più accurata e difficoltosa risulterebbe la programmazione degli invasi e degli svasi qualora lo sbarramento fosse dotato anche di centrali per la produzione di energia elettrica in quanto sarebbero in tal caso da contemperare le esigenze di derivazione d’acqua per i vari scopi con quelle della produzione di energia elettrica.
3) Evitare nella maniera più assoluta la risalita del cuneo salino nell’invaso e quindi in tutta l’asta del fiume.
4) assicurare lo sgombero dei materiali sabbiosi e dei limi che si depositano nel bacino tramite apertura totale delle paratoie ad intervalli regolari.
5) Consentire, se necessario tramite conche di navigazione che consentano ai natanti di superare il dislivello tra mare e invaso, la navigazione fluviale e di collegamento con il mare aperto.
6) Eventuale produzione di energia elettrica
L’ipotesi qui esaminata si riferisce allo sfruttamento massimo del bacino di foce ma, ovviamente, può presentare un certo interesse anche una sua utilizzazione parziale ottenuta limitando il livello di invaso ad una quota inferiore a quella massima prima indicata come pure avere necessità di lasciare la barriera completamente aperta ripristinando per un determinato periodo il corso originario del fiume. Ne deriverebbe un minor impatto ambientale sia continuativo come pure per periodi più o meno brevi in funzione delle effettive necessità idriche.
6. ESEMPIO DI BACINO DI FOCE
Uno dei fiumi italiani che meglio si prestano alla costruzione dello sbarramento di foce, per i notevoli vantaggi che se ne potrebbero ricavare, è senz’altro l’Adige.
E’, per importanza, il secondo fiume d’Italia, con la sua lunghezza di 410 Km, un bacino imbrifero di ben 12200 Kmq assicura una portata media annua di ben 214 mc/sec. Lungo il suo corso e in quello dei suoi affluenti, sono molte le opere esistenti per l’utilizzazione del suo imponente volume idrico: impianti idroelettrici, irrigui e per alimentazione idropotabile di importanti centri abitati. Lungo il suo corso è stata costruita anche un’opera eccezionale quale è la galleria che lo collega al lago di Garda allo scopo di potervi deviare, in caso di necessità, grandi portate. Anche questo fiume soffre dell’inconveniente della risalita del cuneo salino lungo la parte terminale dell’asta che impedisce, in periodi estivi particolarmente siccitosi, la sua utilizzazione ai fini irrigui ed idropotabili.
Vengono qui indicati alcuni elementi di larga massima ma che possono dare un’idea dei grandi vantaggi che potrebbero aversi con la costruzione dello sbarramento di foce. I dati principali approssimati sono riportati nell’allegato profilo schematico. In esso sono tracciati, con scala delle altezze maggiorata mille volte rispetto a quella delle lunghezze, l’andamento degli argini attuali e del pelo libero in regime di portata media aventi una pendenza media dello 0,25 per mille e quello di magra, presunto con una minor quota idrica di 2 m, avente la parte terminale rigurgitata dal livello di marea. Sono indicati anche un rialzo degli argini per una estesa di circa 5 Km variabile da zero a m. 1.50 presso la foce e necessario per quanto detto in precedenza ed al fine di valutarne i benefici in termini di maggior invaso. Si tratta chiaramente di ipotesi di larga massima formulate al solo scopo di fornire una indicazione sommaria delle opere che vengono proposte.
Si può notare come, considerando gli argini allo stato attuale ed in regime di portata media, il volume invasabile è stimato in circa 6.400.000 mc dato dal cuneo a profilo triangolare compreso tra il pelo libero avente, come già detto una pendenza media dello 0.25 per mille e quello rigurgitato e praticamente orizzontale dovuto alla presenza della barriera di foce. Con la sopraelevazione prima indicata di soltanto 1.5 m degli argini per 4.5 Km nella parte terminale potrebbero aversi altri 4.600.000 utili.
Se si esamina invece il fiume in magra cioè nelle condizioni in cui statisticamente si ha un maggiore prelievo dal fiume per scopi irrigui, idropotabili o per usi vari, si hanno altri 4.200.000 mc con gli argini attuali che aumentano di altri 1.600.000 mc con il loro rialzo.
In definitiva i volumi totali di accumulo utilizzabili nelle varie condizioni sono io seguenti:
In regime di portata media:
– con gli argini attuali : mc 6.400.000
– con gli argini sistemati : mc 11.000.000
In regime di magra ( 2 m. sotto il livello normale)
– con gli argini attuali : mc 15.200.000
– con gli argini sistemati : mc 16.800.000
Considerato che il fiume Adige ha una portata media annua di 214 mc/sec. e con un volume di invaso di 16.800.000 di mc stimato come sopra per un regime di magra, si potrebbe prevedere, in prima ipotesi, di prelevare una portata media di ben 100 mc/sec , restando garantita una compensazione delle portate approssimativamente valida per almeno una quindicina di giorni il che significherebbe poter colmare il divario esistente tra prelievi istantanei ed apporti liquidi con la pregiudiziale che nel frattempo avessero a verificarsi apporti liquidi di piogge comunque ubicate all’interno del vastissimo bacino imbrifero, scarichi vari come sono quelli degli impianti idroelettrici esistenti nelle aree montagnose od apporti dei sistemi fognanti delle grandi città site più a valle, atti a coprire i prelievi. In seconda ipotesi si può prevedere il prelievo di una portata media di 50 mc/sec. Il periodo passerebbe da 15 ad un mese. Per una compensazione trimestrale il prelievo si riduce a circa 20 mc/sec. Si tratta in ogni caso di prelievi notevolissimi.
Come già spiegato i dati sono molto approssimati e sono riportati solo per dare una indicazione di larga massima. Per una migliore determinazione occorrerebbe tener conto di numerosi fattori tra i quali di primaria importanza le portate reali del fiume quali risultano dagli annali idrografici di un lungo periodo.
Da notare come l’alveo dell’Adige sia costituito dalla sola asta del fiume avente un larghezza quasi costante per tutto la parte terminale e pari a circa 150 m, in quanto non sono presenti aree golenali. Altri fiumi come il Piave o il Tagliamento ne possiedono invece alcune molto vaste, normalmente asciutte, e che vengono utilizzate solo durante le piene eccezionali. La costruzione della barriera di foce in tali fiumi darebbe come risultato immediato la costituzione di un volume di invaso molto superiore, in rapporto con la più modesta portata del fiume, a quello esaminato per l’Adige e quindi con risultati proporzionalmente ancora migliori di quelli prima descritti. Il Tagliamento è provvisto di uno scaricatore di piena denominato Cavrato, avente un’area enorme attualmente adoperata solo per scaricare le piene eccezionali area che, se munita anch’essa di barriera alla foce, presenterebbe una enorme capacità di invaso da aggiungersi a quella ricavata dall’asta del fiume vera e propria con le modalità prima indicate per l’Adige.
7. LONDRA: UN ESEMPIO SIGNIFICATIVO
Viene citato, non solo per le sue originali e funzionali caratteristiche costruttive ma anche e soprattutto per la diversa loro utilizzazione decisa in tempi recenti, un’opera imponente come lo sbarramento del Tamigi realizzato vicino a Londra. Come risulta dal disegno indicativo e dalle foto allegati, il manufatto, ultimato nel 1984, comprende una serie di paratoie a settore cilindrico ciascuna lunga una sessantina di metri ed alta una ventina ed aventi in origine lo scopo di proteggere Londra dagli allagamenti provocati dalle alte maree. A tale scopo, durante il trascorso ventennio, la barriera è rimasta sempre aperta con la eccezione di sole quattro o cinque volte l’anno in cui, a seguito di previsioni di marea particolarmente alta, la sua manovra preventiva ha salvaguardato Londra dagli allagamenti. Ovviamente per tutta la durata di chiusura, le acque del Tamigi, trattenute dalla barriera, sono state accumulate all’interno degli argini del fiume, per essere poi scaricate a mare alla fine del periodo di alta marea.
La crisi idrica che ai nostri giorni interessa tutte le nazioni, Inghilterra compresa, ha negli ultimi anni indotto i responsabili del servizio idrico di Londra a cambiare radicalmente, almeno nelle intenzioni, l’uso della barriera e, senza nulla togliere alla sua funzione principale che resta quella di proteggere la città dagli allagamenti, poter anche sfruttare ai fini idropotabili il grande volume d’acqua dolce dell’invaso che tramite di essa è sempre possibile accumulare. Allo scopo è sufficiente modificare l’esercizio della barriera e, invece di lasciare un’opera così imponente sempre aperta e quindi inutilizzata per la quasi totalità dell’anno, mantenerla parzialmente chiusa e regolata in modo da avere a monte un livello idrico più elevato che impedisca la risalita del cuneo salino e, al tempo stesso, accumulare un grande volume d’acqua dolce.
E’ facile constatare come quella descritta sia esattamente la stessa funzione svolta dalle barriere mobili che nel presente capitolo è stata solo ipotizzata mentre invece a Londra è stata suggerita da uno stato di fatto reale come la presenza della barriera e degli invasi che tramite la stessa vengono di fatto realizzati.
E’ quindi confermata da una circostanza reale l’opportunità di estendere l’uso della barriera mobile di foce in altri fiumi secondo le regole prima indicate. Viene qui di seguito riportata letteralmente una parte dell’articolo pubblicato sul n. 2 del marzo-aprile 1995 della rivista “IDROTECNICA” sull’argomento e che documenta il momento di passaggio dall’una all’altra modalità di gestione dell’opera.
“In questi ultimi anni sono stati approfonditi studi per un utilizzo permanente dello sbarramento come opera di regolazione, oltreché di difesa. L’opera potrebbe garantire una variazione dei livelli di marea intorno ai 2 m riducendo gli inconvenienti delle forti velocità idriche (fino a 6-7 m/s) nel tratto metropolitano. Ciò comporterebbe inoltre vantaggi di natura ricreativa per la città, ma, soprattutto, di approvvigionamento idrico, potendosi prevedere, con la drastica riduzione della salinità, la formazione di un serbatoio strategico nel centro di Londra che risolverebbe la domanda idrica nella bassa valle del Tamigi. “
8. CONCLUSIONI
E’ stata indicata una modalità di utilizzazione dell’acqua fluente nei fiumi principali diversa da quella in uso e tesa alla risoluzione dei gravi problemi di carenza idrica che attanaglieranno la futura società.
Dalla ricerche fatte da chi scrive non risulta ancora attuata alcuna opera del genere: probabilmente la motivazione và ricercata nelle difficoltà obbiettive che essa presenta
nei riguardi dell’ambiente, nella difficoltà che presenterebbe la regolazione delle portate di piena dei fiumi ed infine nell’esercizio essendo, in definitiva, una proposta di grande impatto e di grande impegno economico.
Si ritiene però che sia utile affrontarne la discussione per l’indubbio interesse che, a giudizio di chi scrive, essa, opportunamente verificata e corretta, presenterebbe. Sarebbero pertanto oltremodo graditi interventi critici dei lettori volti a mettere in luce gli aspetti sia negativi che positivi della soluzione oppure volti a modificarla e a migliorarla.