L’assistenza medica era molto precaria. Allora non esisteva alcun sistema di assistenza pubblica della salute o, perlomeno, nessuno nelle nostre famiglie lo conosceva e tanto meno ne usufruiva. Tra tutti i miei congiunti, parenti e conoscenti, chi si ammalava doveva rivolgersi al medico locale, pagandolo di tasca propria.
Ne fa fede quanto accaduto, in quel di Segusino, alla mamma di mia moglie che, nell’anteguerra, dovendo subire un difficile intervento chirurgico che i locali ospedali non erano in grado di fare ha dovuto ricorrere ad un ospedale di Milano. La spesa sostenuta è stata così rilevante da mandare in crisi l’intero bilancio famigliare e costringere mio suocero ad emigrare per più anni all’estero per riuscire a saldare il cospicuo debito che ne è derivato.
All’inizio della guerra il servizio sanitario a Quero era svolto dal dott. Rosada, un giovane medico cui tutti volevano molto bene. Chiamato alle armi e disperso in Russia, fu sostituito dal dott. Marchesi. C’era a Quero anche il dott. Beloserschi un vecchio nobile russo che, fuggito dal suo paese per l’epurazione in atto, vi era finito casualmente ed esercitava la professione di medico pur non avendo, come necessario ai nostri giorni, alcuna autorizzazione a farlo. Molti queresi si rivolgevano a lui per la sua bravura e perché si accontentava di quel poco che la gente era in grado di dargli, nei casi disperati nulla oppure un piatto di minestra calda assai apprezzato da quella squisita persona che viveva da sola e nella povertà dopo un’esistenza trascorsa nel fasto della nobiltà russa.
Io lo ricordo bene e quando vado in cimitero a Quero passo davanti alla sua tomba e, osservandone la foto un po’ sbiadita ma verosimile, ho un pensiero di riconoscenza per tutto il bene e la professionalità che ha profuso in paese. Ricordo come, avendo io subito una profonda incisione all’interno della bocca che doveva essere cucita ed essendo le mani del dott. Beloseski troppo tremolanti per poterlo fare di persona, egli consegnasse a mia madre ago e filo e, spiegatole la procedura da seguire, la facesse sostenere per intero a quest’ultima, con il sottoscritto che urlava dal terrore.
Una fedele rappresentazione delle condzioni sanitarie di quegli anni può essere data anche dal seguente episodio.
Nell’inverno del 1944 essendomi fratturate le ossa di un braccio, avevo necessità di recarmi all’ospedale di Pederobba sito a non più di 5 km da casa mia a Quero. Per il primo spostamento io e mio padre usufruimmo dell’unico mezzo di trasporto disponibile a Quero cioè la carrozza trainata dal cavallo noleggiata da Gigio, il padre di Piero, il primo tassita con la Balilla che alcuni anni dopo opererà a Quero.
Nel settore sanitario di cui stò scrivendo, le cose miglioreranno sensibilmente col passar degli anni ma non senza incongruenze. Può interessare, per esempio, quanto accadutomi in periodo intermedio e cioè nel 1959 a Gargnano (BS), dove risiedevo per lavoro. Avendo dolori alla pancia mi sono recato dal locale medico per una visita. Dopo avermi dato la sua diagnosi e prescritto i raggi al tubo digerente, il dottore mimò punto per punto la scenetta cui avrei assistito recandomi nel locale ospedale per detti raggi, non senza mettermi in guardia sul pericolo che avrei corso in quanto, essendo tale ospedale allora stato corredato di una nuova sala operatoria, era sopravventa la mania di fare un’operazione, l’appendicite, anche se non necessaria. Come mi ci recai, successe esattamente quanto previsto da quella brava persona e cioè, in ordine successivo, delle pressioni al mio ventre così forti da costringermi ad urlare dal dolore, una successiva visita alla bellissima sala operatoria ed infine la prescrizione dell’intervento all’appendice. Ed ecco il risultato che ho potuto accertare prersonalmente: nei nostri cantieri che contavano tra operai e impiegati circa 1500 persone, almeno un migliaio sono stati, nei sette anni di durata dei lavori, operati di appendicite con esclusione però del sottoscritto che a mezzo secolo di distanza conserva ancora intatta la propria appendice!
Anche in questo settore, notevole il cambiamento che si è verificato!. Reparti ospedalieri specializzati nei vari campi della scienza medica sono ai nostri giorni pronti ad accogliere malati ed infortunati. Per il loro ricovero intervengono rapidamente autoambulanze provviste di attrezzatura e personale di primo soccorso e, in casi particolari anche elicotteri. Per le cure ospedaliere si può contare su tecniche raffinate di analisi, diagnostica, chirurgia e di medicinali efficacissimi senza parlare delle notevoli prospettive aperte dalla ricerca in atto sulle cellule staminali: altro che trasporto con zeria e bici, altro che terapie a base di secchi d’acqua!. Infine non mi risulta che qualcuno abbia dovuto emigrare al’estero per pagare debiti incontrati per spese sanitarie essendo queste sistematicamente coperte dal sistema sanitario nazionale fatta eccezione per importi, tutto sommato assai modesti, che restano a carico dell’ammalato