Un bel giorno quel personaggio straordinario che rispondeva al nome di prof. Bressa di cui ho parlato nel capitolo precedente, per inaugurare in pompa magna il monumento “Aurora della vita” appena eretto sul monte Cornella ed avente lo scopo di onorare la maternità e la nascita dei bambini, organizzò un pranzo nella sala della casa di riposo di Quero.
Al convivio erano invitati, oltre tanti cittadini queresi e le autorità civili e religiose del posto e dei paesi vicini, anche alcuni artisti veneziani che, a pranzo finito, presentarono le opere che avevano preparato per festeggiare degnamente l’avvenimento. Si trattava di dipinti e di poesie che vertevano tutte sul monumento o, più in generale, sulla nascita dei bambini cui lo stesso, come detto, si ispirava. Quando i poeti dialettali ebbero finito di recitare i loro lavori assai belli ed acclamati dai presenti, si alzò in piedi il cav. Franz, un personaggio di Alano di Piave, noto a tutti per le burle che amava organizzare, per leggere una breve poesia che aveva rapidamente composto e che, naturalmente, si riferiva alla nascita dei bambini che si stava celebrando. Non mi è possibile ricordare esattamente il testo di Franz denso di rime in un buffo italiano maccheronico, ricordo solo il tema trattato e particolarmente il finale con cui Franz concluse il suo inno alla maternità e che, dopo aver fatto restare tutti i presenti, preti e suore compresi, esterrefatti, venne salutato, come accadeva sempre con Franz, da una fragorosa risata. Dopo aver auspicato “campane dell’aurora suonate, suonate ancora…..” rivolgendosi alle nuove mamme per magnificare il loro ruolo, a suo dire determinante per l’umanità intera, Franz concludeva con un augurio che così recitava.” A mè che sono solo un cantastorie non resta che pregare la madonna addolorata affinché sia altrettanto bella l’uscita come lo fu l’entrata”.
Mi è difficile commentare oltre.
Mi limito a riportare alcuni tra i mille episodi comici di cui è costellata la vita di Franz. Nella sua prima notte di matrimonio entrando in camera non trovò più il letto matrimoniale che i suoi amici, per ricambiare almeno in minima parte le burle da lui architettate a loro danno, gli avevano trafugato con avventure rocambolesche necessarie per accedere alla camera.
La vicenda di Franz mi fa anche ricordare Silvio l’artigiano querese di cui ho già parlato al cap. 2.8.3. Silvio, essendo grande amico di Franz, ricordava a memoria molte delle poesie di quest’ultimo, ed io, incontrandolo, gli ho fatto più e più volte ripetere quella relativa all’aurora della vita rinnovando ogni volta il divertente ricordo del pranzo del prof. Bressa che ho prima raccontato e al quale io e Silvio avevamo partecipato fianco a fianco contribuendo con irrefrenabile vigoria alla risata generale che, come detto, l’intervento di Franz aveva suscitato. Se Silvio, fosse ancora presente, oltre a colmare il vuoto che la sua prematura scomparsa ha lasciato in tutto il paese, sarebbe sicuramente in grado di recitare ancor oggi e senza alcuna omissione la poesiola che, tra le molte che ricordava, era senza dubbio la preferita soprattutto per l’ambiente e per l’occasione in cui fu presentata.
Un’altra volta il cav Franz passando per Quero con la sua macchina sportiva vide Bepi Simon intento a lavorare l’orto con barba lunga ed abbigliamento adeguato a ciò che stava facendo: ai piedi tutte infangate ” le galoze”, rudimentali scarpe con suola di legno, e addosso un paio di calzoni ed una canottiera consumati da lungo uso e nere per il sudore e la polvere sollevatasi dal terreno che stava vangando. Vederlo in quello stato ed inventarne una di nuova fu cosa automatica per Franz. Disse a Bepi: fammi un favore sali due minuti in macchina perché ho bisogno di aiuto per caricare una pesante cassa di mele che ho comprato qui vicino. Ti riporto subito indietro!. Una volta salito con una serie di scuse lo portò in piazza a Montebelluna dove, con un ulteriore stratagemma lo abbandonò in quello stato e senza soldi.!
Che Franz fosse un personaggio veramente straordinario è dimostrato dal fatto che, avendo in un cantiere di lavoro a Mestre conosciuto Laganà, un oriundo Alanese di cui ricordo solo il cognome, questi, desideroso come mè di parlare dei nostri rispettivi paesi di origine, incentrò interamente la conversazione su Franz ritenendolo il soggetto più interessante su cui intrattenere, dopo decenni di lontananza, un suo conterraneo come mè. E’ in tale occasione che sono venuto a conoscenza, tra l’altro, del furto del letto, impresa cui a suo tempo aveva partecipato lo stesso Laganà.
Da aggiungere che le burle sistematicamente organizzate da Franz erano, con assoluta priorità su ogni altra novità, immediatamente diffuse in paese grazie alla inveterata usanza simpaticamente chiamata “radio scarpa” di raccontarci da persona a persona, da casa a casa ed anche da paese a paese, tutti gli avvenimenti non appena se ne aveva sentore.