In quest’anno di grazia 2006 si sta svolgendo in molte parti d’Italia la celebrazione del centenario della nascita del grande Carlo Scarpa. E’ da ricordare come tale illustre personaggio amasse particolarmente Quero dove egli aveva trascorso lunghi periodi di vacanza e dove risiedevano stabilmente, anche prima della guerra, alcuni suoi parenti. Io ho avuto la fortuna di conoscerlo e, addirittura, di essere suo ospite negli anni 39-40 a Venezia nella bellissima casa di Rio Marin dove frequentavo sopratutto il figlio Tobia, oggi anch’egli grande architetto. Difficile descrivere le sensazioni provate, ragazzino che stava trascorrendo la sua gioventù in un paesino di montagna privo di tutto com’era Quero in quegli anni, nel trovarmi in una città come Venezia e per giunta nella casa di un grande artista frequentata costantemente da molti altri personaggi celebri dai quali Scarpa amava farsi circondare per discutere di cose per mè incomprensibili ma che sentivo essere importanti e comunque tutt’altra cosa rispetto a quello che potevo apprendere a Quero dove, al massimo, si parlava del raccolto dei campi o del numero di pulcini che la chioccia stava covando. Da notare come lo studio dove lavoravano Scarpa e tutti gli altri era lo stesso grande soggiorno dove si trovava, accanto ai tavoli da disegno, la zona pranzo e il salotto con le poltrone e dove trascorrevamo molto tempo, a stretto contatto con i suddetti, anche io e Tobia.
La vita di quel genio che era il grande Carlo Scarpa è costellata, oltre chè dalla bellezza ed originalità delle sue opere, anche dal suo modo altrettanto originale di condurla, disinteressato com’era per il denaro e per tutto ciò che la gente poteva dire sul suo, alle volte bizzarro, modo di comportarsi. Una volta il grande Scarpa volle accompagnare mè e Tobia a fare un giro per la laguna veneta. Presa a nolo una gondola girammo per molto tempo con il natante manovrato da lui stesso con vera maestria. Mi rimase impressa l’immagine di questo personaggio, che io non sapevo sarebbe diventato così famoso, con la sua caratteristica barba e tutto sudato sotto il sole ma soddisfatto di percorrere la Venezia che amava tanto alla guida di un’imbarcazione così difficile da condurre come la gondola! Quando dovevamo girare un angolo del canale privo di visibilità dava in perfetto dialetto veneziano il grido: hoe pope!
Non sapevo allora che molti anni dopo sarei tornato nella sua casa per constatare, su incarico della Sig.ra Gina, zia di Tobia, lo stato disastroso in cui si trovava. Era, infatti, accaduto che il grande architetto un giorno avesse detto alla moglie: “Andiamo per un po’ di tempo ad abitare in un albergo di Asolo perchè voglio effettuare il restauro della casa”. Da quel giorno passarono diversi anni senza che l’abitazione non fosse nemmeno aperta da qualcuno. Fu poi occupata da gruppi di giovani contestatori che ne fecero la loro sede distruggendo tutto ciò che vi si trovava. Il sopralluogo mi portò a lunghe riflessioni su quanto la casa precedentemente rappresentava per le sue caratteristiche costitutive davvero eccezionali, per il mobilio e per gli accessori, le stoviglie tutte di ottima fattura. Ricordo in particolare la gabbia scale con ampie pareti in vetro che, essendo posta al centro della casa, costituiva il disimpegno di tutte le stanze le quali, girandovi attorno, erano assolutamente prive di porte. Ricordo i molti oggetti in vetro di Murano che facevano mostra di sè in ogni stanza e che costituivano altrettanti pezzi unici creati per prova dal grande Scarpa quando progettava per le vetrerie di quel centro. Tutto questo era perduto, distrutto ma ciò non rappresentava alcun problema per il grande Scarpa il cui interesse era rivolto, come accade a tutti i geni come lui, in tutt’altre direzioni.
A Quero in Via Roma abitava la Sig.ra Gina, cognata di Scarpa la quale quando m’incontrava, si divertiva a raccontarmi, oltre ad episodi legati al grande successo che le sue opere stavano riscuotendo in tutto il mondo, anche le ultime curiose novità che lo riguardavano. Una volta mi disse che aveva dovuto spedire in tutta fretta dei soldi perché il famoso personaggio, andato in Giappone per ritirare un cospicuo premio in denaro da lui vinto per un lavoro lì eseguito, non aveva nemmeno il necessario per il viaggio di ritorno avendo visto un’opera d’arte così bella che non aveva potuto evitare di portarsela a casa offrendo in cambio tutto il capitale che aveva con sè.
In anni relativamente recenti, il grande Carlo Scarpa soleva farsi fare dei vestiti da Gigi, il bravo sarto di Quero per il quale ha anche progettato tre bellissime casette poste lungo la Via Giovanni XXIII e citate in molti testi di architettura ma che, per banali questioni burocratiche, non si sono potute costruire. Scarpa aveva anche iniziato la progettazione della casa di abitazione di Gigi sita in Via Roma all’incrocio con la Via Cimitero, ma non potè portare a compimento l’incarico per la sua improvvisa morte accaduta in Giappone per un banale incidente. A Gigi, che ritardava nello svolgere il lavoro commissionatogli diceva: “Coprimi se vuoi che ti copra”. Una volta gli ordinò un paltò grigio in cachemire che voleva esattamente uguale al campione che gli aveva, a tale scopo, consegnato. Quando Gigi gli consegnò il paltò finito, Scarpa lo tenne piegato sul braccio destro mentre in quello sinistro teneva, piegato in maniera analoga, quello da copiare. Gettati, con un unico gesto, i due paltò sulla spalliera di due poltrone uguali tra loro, disse a Gigi: i due paltò non sono identici, vedi che non cadono sulle due poltrone in modo identico!.
Il grande Scarpa fece un’altro lavoro a Quero: il progetto di restauro della casa di Sandro posta sempre in Via Roma all’incrocio con Via Giovanni XXIII. Una cosa curiosa consiste nel fatto che il grande progettista autore di opere meravigliose oggi noto in tutto il mondo, allora, non possedendo, di fatto, un titolo di studio e l’iscrizione al relativo albo professionale, non poteva firmare alcun progetto nemmeno di scarsa rilevanza come quelli in argomento. A causa di questa circostanza aveva avuto, in precedenza, grossi problemi ed era anche stato citato in giudizio da qualche imbecille professionista che evidentemente era geloso del suo straordinario successo. Egli poteva disporre di mille personaggi, anche importanti, pronti a sottoscrivere le sue opere ma quella volta, conoscendomi, chiese a mè se, come geometra professionista di Quero, volessi firmare il suo lavoro che, in tal caso, sarebbe diventato, ufficialmente, un mio lavoro. A mè questo fatto sembrò veramente assurdo e non me la sentii di farlo. Mi sembrava inammissibile che un grande come lui dovesse ricorrere ad una formica come il sottoscritto e, con immenso dispiacere, rifiutai, spiegando, con grande difficoltà, le mie ragioni che penso siano state capite. Io non sono a conoscenza chi abbia firmato quel progetto e so soltanto che la casa è compresa tra alcuni cataloghi delle opere del grande Scarpa come pure vi figurano le tre casette di Gigi e la pietra tombale i cui dirò più avanti.
Un bel giorno gli venne finalmente concessa, per i suoi grandi meriti e capacità, la laurea in architettura “honoris causa” colmando una grave lacuna e dandogli la possibilità di fregiarsi ufficialmente del titolo di architetto. L’assurdità di quanto vado raccontando ha allora raggiunto il suo apice: il Grande Scarpa non poté mai realizzare questo sogno in quanto, immediatamente dopo quel riconoscimento da lui tanto atteso, per un banale incidente occorsogli in estremo oriente dove era stato chiamato per un lavoro, perse la vita.
Ora è seppellito nei pressi di Asolo, a San Vito d’Altivole, vicino a quel capolavoro da lui ideato e diretto che è il Cimitero Brion elogiato in molti libri e riviste di architettura. Ma anche nel cimitero di Quero si trova un’opera molto bella del grande Scarpa. E’ una pietra che copre la tomba dove riposa la madre della Sig.ra Gina suddetta.