Tra i molti e vistosi cambiamenti verificatisi nell’ultimo mezzo secolo e che mi preme, assieme agli altri già messi in luce, qui citare, è il vero capovolgimento verificatosi nel movimento dei lavoratori da e per l’estero. Come ho già avuto modo di spiegare, un tempo erano i miei compaesani ad emigrare, oggi sono invece i nostri paesi ad essere oggetto di una immigrazione fin troppo numerosa. Ciò che meraviglia non è solo la citata inversione di tendenza ma anche la profonda diversità dei modi in cui essa avviene. Quando erano i veneti ad emigrare, lo facevano con la destinazione ed il posto di lavoro già fissati, sottostando a controlli severissimi e necessari per garantirne la salute e la moralità, e quel che più importa esportando in tutto il mondo la laboriosità, la serietà e l’ingegnosità di bravi operai. Non mi sento di ammettere che lo stesso accada con gli attuali immigrati. Senza voler passare per razzista mi sento di riportare qui la mia impressione che, assieme all’arrivo di bravi operai che stanno dando un importante contributo nella esecuzione di lavori manuali che molti miei concittadini oggi rifiutano, sia stato favorito l’arrivo in Italia di coloro che altrove non avrebbero trovato accoglienza per i motivi più svariati non esclusa la mancanza dei requisiti necessari per averla.